
Bimba ancora, si fa notare per la più diligente osservanza della legge di Dio, per l’amore profondo per la preghiera, che la trattiene lunghe ore in silenziosa adorazione davanti a Gesù Eucaristia, per la grande carità verso i poveri e i bisognosi di affetto e di aiuto.
Nel pieno della giovinezza, delicata e vivace, dopo aver superato l’ostacolo dell’affetto materno, si dona a Dio abbracciando la vita contemplativa nel Monastero carmelitano dei SS. Teresa e Giuseppe in Napoli.
Una serie di mali la tengono a letto per cinque anni (1918-1923) e la por tano sull’orlo della tomba, ma la potenza di Dio interviene e Giuseppina il 2 giugno 1923 è miracolosamente guarita al contatto della reliquia del Braccio di San Francesco Saverio.
Con il prodigio inizia un nuovo periodo di vita per la Beata, arricchita dallo Spirito Santo di particolari carismi: dono della scrutazione dei cuori, dono del Consiglio, dono della profezia, che per obbedienza ai Superiori mette al servizio del popolo di Dio.
Così, per venticinque anni, suor M. Giuseppina diviene guida, luce, conforto per una folla di popolo di ogni classe sociale: vescovi, sacerdoti, religiosi, professionisti e umile gente accorrono al Carmelo dei Ponti Rossi per ricevere la parola che sprona e dà pace: la parola che sentono di Dio.
Tuttavia rimane la religiosa umile, semplice: la donna profondamente umana, sensibile, delicata, che si china sui problemi degli altri con amore unico, perché è immersa totalmente in Dio.
Suor M. Giuseppina rivela una profonda indiscussa virtù, che appare in continue e anche difficili occasioni: una contemplazione singolare dei misteri di Dio, specialmente del mistero eucaristico: una vita di intima unione con la SS. ma Vergine, un amore particolare per la sofferenza che domina nella sua vita e che la unisce intimamente alla Passione di Cristo, per cui non è più lei a vivere, ma Gesù in lei. Penetrata da tale realtà, scrive:
“… i patimenti di un Dio fatto uomo mi incoraggiano a soffrire in pace e il mio patire diventa dolcezza, e in tale dolcezza la mia anima si solleva in alto e desidera sempre più patire”.
“Amo la croce perché è il letto di dolore di Cristo”.
“Ma come giovare alle anime da me tanto amate? O dolcissimo Gesù, io volgo lo sguardo a te crocifisso e mi avvedo che non vi è altra via per beneficare che quella del patire…”.